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Affrontare la complessità del Tech Transfer

Gli strumenti digitali svolgeranno un ruolo fondamentale nel risolvere una sfida che richiede molto tempo.

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Illustrazioni di compresse e capsule farmaceutiche sovrapposte a uno sfondo scuro pieno di numeri e lettere digitali.
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Affrontare la complessità del Tech Transfer
Gli strumenti digitali svolgeranno un ruolo fondamentale nel risolvere una sfida che richiede molto tempo.

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Se pensiamo ai vaccini COVID sviluppati negli ultimi due anni, potremmo chiederci se abbiamo già trovato il modo per ottenere dei trasferimenti tecnologici rapidi. La risposta è: sì e no. Ci si è riusciti molto rapidamente grazie all’enorme quantità di energie e perseveranza umane dedicate a questo sforzo.

Ci sono numerosi articoli riguardo il numero di persone che Pfizer ha impiegato per gestire il trasferimento tecnologico del vaccino COVID-19, che tra l’altro si basa su un modello con 50.000 passi/operazioni di processo. Provate a descriverlo in un documento PDF. È quasi impossibile descrivere la ricetta completa.

Il punto è che, sì, è possibile, ma non è sostenibile. Se ci fosse un’altra pandemia, potremmo destinare 300 persone al trasferimento tecnologico? Certamente. Ma funziona così anche per un prodotto commerciale? No. Dobbiamo pensare che esistono tecnologie in grado di eliminare quanto più possibile la componente umana dal trasferimento tecnologico.

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Analizzare i dati

La maggior parte dei dati raccolti durante il processo di trasferimento tecnologico sono dati che, ironia della sorte, possono avere avuto un’origine digitale. Ma quando si iniziano a mettere insieme tutte le informazioni che possono provenire da più sistemi, queste vengono tradotte — o diciamo pure riproposte — in un file PDF o in quello che noi chiamiamo “paper on glass”.

Quando si passano tali informazioni alle attività di produzione, diventa necessario convertirle per poter aggiornare il sistema di ERP o il sistema MES di gestione della produzione. Quando abbiamo affrontato questa sfida con i nostri clienti, abbiamo pensato che doveva esserci un modo migliore per raccogliere i dati — digitali o meno — e convertirli in un formato coerente che potesse favorire il processo di digitalizzazione.

Figura 1: Modello di dati strutturati per il Life Sciences

Ma con che tipo di dati abbiamo a che fare? Se partiamo dal livello più alto della Figura 1, troviamo il materiale vero e proprio, vale a dire una sostanza farmaceutica, il principio farmaceutico attivo, i prodotti intermedi e così via. Poi dividiamo il materiale in base a piccola o grande molecola, perché i costrutti sono un po’ diversi in termini di descrizione dei materiali effettivi che compongono un prodotto farmaceutico.

La riga centrale della figura riguarda il packaging. Se è destinato a una forma di dosaggio solida orale, potrebbe essere un blister. Se si tratta di un farmaco biologico con un dispositivo di somministrazione mirato, può avere un dispositivo di somministrazione ben definito, una distinta base, forse anche con componenti collegati che misurano il regime e la terapia di dosaggio e così via. Questa potrebbe essere una propria iniziativa.

In genere notiamo che questi gruppi utilizzano informazioni specifiche di ambiti molto diversi. Chi sviluppa il packaging non può sviluppare una sostanza farmacologica e viceversa. Sono specializzati e concentrati sulle loro aree, e tendono ad andare piuttosto in profondità in termini di utilizzo dei sistemi, cosa che potrebbe non essere necessariamente così importante per chi sviluppa farmaci, ad esempio. Quindi, se sono un ingegnere specializzato nel packaging e lavoro su un’applicazione di modellazione 3D per lo sviluppo, le informazioni che sono rilevanti per me non significano nulla per chi sta lavorando su una molecola fondamentale.

Le ultime due righe riguardano lo sviluppo. Pensate alla progettazione dei processi. State cercando di mettere a frutto 10-15 anni di lavoro di sviluppo, indipendentemente che sia stato fatto in laboratorio o in un impianto pilota, e state cercando di portare il tutto a livello commerciale. Inoltre, bisogna gestire la complessità derivante dalle diverse autorizzazioni di mercato richieste.

In sostanza, un singolo prodotto farmaceutico può finire per avere 50 o 60 ricette alle spalle, a seconda del numero di stabilimenti in cui viene prodotto e del numero di varianti di mercato disponibili.

L’ultima riga riguarda il livello delle apparecchiature. Sappiamo che la maggior parte delle aziende farmaceutiche e biotecnologiche non dispone di repliche esatte dei loro impianti. C’è una certa variabilità. Per esempio, potrebbero utilizzare un miscelatore o un bioreattore in una determinata sede che si comporta e funziona in modo leggermente diverso rispetto a un’altra sede. Questo aspetto deve essere preso in considerazione al momento del trasferimento tecnologico o dello scale-up.

Questa è la complessità che stiamo cercando di affrontare con questi documenti sul trasferimento tecnologico.

Che cosa manca?

Negli ultimi 100 anni la nostra modalità di definizione delle ricette non è cambiata. Con la potenza di calcolo di cui disponiamo oggi, ci sono diversi percorsi che possiamo utilizzare per accelerare il processo di raccolta e distribuzione dei dati ai sistemi a valle.

Quello che manca davvero è un meccanismo o un processo che prenda tutti i dati di sviluppo raccolti in 10-15 anni e li converta in un formato riutilizzabile che possa essere prontamente consumato e sfruttato da un ERP o da un MES. L’obiettivo è migliorare l’approccio attuale, che prevede 10-15 persone per sito che lavorano alla comprensione della documentazione fornita loro dalle controparti addette allo sviluppo.

Il tutto diventa ancora più interessante e probabilmente più impegnativo se siete un’azienda di sviluppo e produzione a contratto (CDMO). Se avete a che fare con molteplici aziende farmaceutiche che forniscono dati in formati diversi, probabilmente disponete di un gruppo di sviluppo del processo che impiega dai sei ai 18 mesi solo per capire qual è l’intento, fornirlo all’azienda e dire: "È questo che intendevate?".

Insomma, abbiamo bisogno di una sorta di Google Translate. Questa applicazione che è possibile scaricare sul proprio telefono, non si limita a convertire le parole da una lingua all’altra. Esamina anche la semantica e il contesto grammaticale. Se si limitasse a tradurre le singole parole, forse arriverebbe al 30% del risultato. Il sistema, invece, deve comprendere l’intento della frase digitata.

Ed è proprio questo il nostro obiettivo: guardare ai documenti word o alle immagini scansionate come dei documenti "paper-on-glass" e cercare di dedurne il senso digitale.

Figura 2: Tipico trasferimento tecnologico da azienda farmaceutica a CDMO

La Figura 2 illustra l’attuale processo di trasferimento tecnologico che dovrebbe essere familiare a chi opera nel settore delle scienze della vita. Sul lato sinistro sono presenti tutti i sistemi che contribuiscono alla definizione del prodotto, del packaging e del processo. Tutto ciò deve essere inviato attraverso un firewall e ricevuto da un gruppo di produzione interno o da più produttori a contratto che devono interpretare le informazioni rilevanti.

La nostra missione è quella di consentire la conversione di questi documenti "paper-on-glass" o basati su immagini in qualcosa di strutturato e ripetibile che possiamo fornire in modo coerente ai sistemi a valle, eliminando l’elemento umano di interpretazione del documento. A quel punto i dati possono essere utilizzati da tutti i partner a valle.

Come lo facciamo

Dobbiamo innanzitutto assicurarci che i dati siano inviati in modo sicuro. Molte aziende comunicano via FTP, e-mail, telefonate e siti web, e diventa molto difficile, dal punto di vista della strategia di controllo, proteggere la proprietà intellettuale (IP). In fin dei conti, tutto ciò che avviene attraverso un trasferimento tecnologico è proprietà intellettuale della vostra azienda, che deve essere protetta e resa disponibile alle persone giuste al momento giusto.

Non si tratta solo di convertire i dati, ma anche di tracciarli. È necessario prevedere un audit trail in caso di eventi avversi, in modo da poter capire esattamente cosa è stato convertito, chi lo ha approvato, chi lo ha firmato, chi ha ricevuto i dati e chi li ha usati.

Ci sono poi i responsabili della raccolta di tutte le informazioni provenienti dai diversi sistemi utilizzati dagli scienziati e dagli ingegneri addetti allo sviluppo dei processi. Essi devono aggregare tali informazioni in un singolo documento, o magari in una raccolta di documenti, e quindi gestire il processo di invio dei dati all’azienda di produzione.

Ciò che manca è quel meccanismo di gestione e conversione, come Google Translate, che comprenda il vero intento di ciò che si sta cercando di comunicare attraverso il trasferimento tecnologico e lo trasformi in qualcosa di prevedibile e sfruttabile.

L’idea è che una volta analizzati i dati in un formato comprensibile e riutilizzabile, i sistemi a valle non richiederanno agli operatori di inserire tutte le informazioni. Al contrario, le informazioni vengono inviate automaticamente al sistema che ne ha bisogno.

Il nostro intento è quello di utilizzare un meccanismo di elaborazione del linguaggio naturale che comprenda i documenti — il contesto delle parole, la semantica, l’intento grammaticale — e che disponga di un algoritmo di machine-learning in grado di comprendere l’intento di ciascun documento e di convertirlo in un formato strutturato ISA 88. In sostanza, si tratta di prendere i documenti e di unirli ai dati digitali per ottenere un costrutto di dati digitali riutilizzabili che i vostri sistemi possono recepire prontamente.

Ma i documenti di trasferimento tecnologico non contengono solo dati digitali o testuali formattati in tabelle o gerarchie. Contengono anche immagini. Potrebbero esserci analisi cromatografiche. Oppure metodi di campionamento e di analisi. Si tratta di set di dati non strutturati che non è possibile convertire facilmente in dati digitali. Ma sono correlati a dei dati digitali, per cui è necessario comprendere le differenze intrinseche tra i diversi set di dati che potrebbero essere nascosti in quel documento.

Lo strumento di elaborazione del linguaggio naturale, che analizza il documento, può rilevare le immagini scansionate e usare le tecnologie di riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) per estrarre i dati. Oppure, se si tratta di dati digitali nativi che sono stati acquisiti in un documento PDF, è possibile estrarre nuovamente i dati.

A questo punto, non c’è alcun contesto dietro questi dati. Lo strumento ha semplicemente estratto i dati e ha comunicato: "Capisco il volume di dati che esiste in questo documento". L’output del sistema di elaborazione del linguaggio naturale cerca gli indicatori chiave in modo da poter creare set di dati tabellari che possono essere facilmente importati o acquisiti dal sistema a valle.

Uno dei vantaggi di questo approccio è la collaborazione che consente. È molto difficile collaborare con qualcuno su un documento PDF se un valore viene letto male. Come si fa a comunicarlo? Mandate un’e-mail e dite: "Guarda che a pagina 22, paragrafo tre, riga quattro, c’è un valore che non riesco a leggere". Se siete in grado di estrarre questi dati, il livello di analisi può dirvi cosa manca o evidenziare gli elementi a cui dovete prestare attenzione, in modo da rendere il processo molto più efficiente.

Scegliere un percorso

Ci sono due direzioni possibili. Una è quella di continuare a fare quello che state facendo oggi perché lo capite. Nel settore delle bioscienze, è molto difficile apportare cambiamenti. In questo modo potete continuare a lavorare con le aziende di sviluppo e far loro produrre gli stessi PDF che hanno prodotto per anni, e poi usare un sistema di elaborazione del linguaggio naturale per convertirli in qualcosa di digitale, riutilizzabile e leggibile. Questa è una possibilità.

La seconda strada consiste nell’adottare strumenti nativi digitali che consentono di modellare il processo e i materiali già nelle prime fasi del processo di sviluppo e di pubblicare in modo nativo i set di dati digitali. Siamo realisti e sappiamo che ci vorranno anni, se non decenni, prima che alcune aziende del Life Sciences adottino soluzioni native digitali.

Nel frattempo, promuoviamo questo approccio a due vie: iniziare a utilizzare la potenza di calcolo dell’intelligenza artificiale e del machine learning per convertire i documenti in qualcosa di riutilizzabile e poi, col tempo, adottare strumenti nativi digitali. Il vantaggio maggiore riguarda naturalmente l’efficienza lavorativa, ma non solo:

  • Maggiore velocità dei clinical trial e di commercializzazione (varianti o tipologie)
  • Riduzione del costo complessivo dei trasferimenti interni ed esterni alla produzione
  • Maggiore velocità ed efficienza nella validazione dei processi
  • Riduzione dei tempi di avvio di impianti, linee e apparecchiature
  • Miglioramento della qualità dei lotti e riduzione degli scarti
  • Maggiore velocità di approvazione normativa
  • Miglioramento della qualità a ciclo chiuso, dallo sviluppo alla produzione e alla regolamentazione
  • Migliore tracciabilità della genealogia dei lotti (paese giusto, prodotto giusto)
 
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Pubblicato 8 giugno 2022

Tag: Life Sciences, Sicurezza informatica

Sachin Misra
Sachin Misra
Principal, Kalypso, A Rockwell Automation Company
Sachin Misra leads Kalypso's Global Pharmaceuticals and Biotech industry practice, and co-leads the life sciences practice. He brings more than 20 years of experience in digital value chain advisory services and technology implementations.
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